La Scozia, Alex Salmond e gli ostacoli all’indipendenza.


Il mio più vivo desiderio è vedere le nazioni di Scozia e Inghilterra stare vicini alla pari. C’è una differenza tra la partnership e la subordinazione. La prima incoraggia il mutuo rispetto. La seconda alimenta risentimento.

Alex Salmond, Primo Ministro Scozzese, Maggio 2011.

Abbiamo già parlato di Salmond in altre occasioni. Sicuramente, il segretario del Partito Nazionale Scozzese (SNP) è stato e continua ad essere uno dei protagonisti indiscussi della politica scozzese e britannica in generale. Il suo partito, radicato nel socialismo europeo, ha raggiunto tra mille difficoltà e pregiudizi politici, la maggioranza relativa dei seggi al parlamento devoluto scozzese (detto Holyrood).

Già forte di una vittoria elettorale nel 2007, lo SNP è riuscito ad occupare ben 69 dei 129 seggi in palio, mettendo così in tumulto le coscienze dei britannici. Sui giornali britannici, una gigantesca macchia ocra colorava la grande maggioranza delle circoscrizioni elettorali scozzesi nelle cartine tematiche all’indomani dello spoglio dei voti (vedi foto a sx).

Un risultato eclatante che rischia però di arenare il partito ed il futuro di tutta l’Unione su posizioni indipendentistiche difficilmente attuabili senza una strategia vincente.

Inutile negarlo, Salmond e i suoi vogliono veder nascere una repubblica scozzese totalmente indipendente e libera dal controllo di Londra. Teoricamente, dunque, per raggiungere l’ambito scopo, basterebbe l’indizione di un referendum costituzionale e la vittoria con il 50%+1 dei voti validi, traghettando così il paese verso la separazione e la dissoluzione de facto del Regno Unito.
Le scissioni, siano esse consensuali (come quelle della Cecoslovacchia nel 93′), costituzionali (come quelle del Sudan del Sud dello scorso 9 luglio) o militari (sulla riga dell’indipendenza condizionata ottenuta dall’Irlanda nel 1922), non sono mai un affare facile da gestire. Sia per la fiera opposizione degli unionisti (che in Scozia rappresentano ancora una forte componente) sia per problemi interpretativi alla lotta politica che dovrebbe portare all’emancipazione totale del sistema.

Il primo, fondamentale ostacolo è appunto la raccolta del consenso necessario. Un’indagine condotta dal Professor James Mitchell, della Strathclyde University, ha smentito che la dirigenza del partito nazionale abbia una veduta comune sul destino della Scozia. Secondo il Professore, inoltre, solo l’87 per cento di oltre 7000 membri dello SNP interpellati sull’argomento, sarebberodeterminati a rinnegare l’Unione. La percentuale degli indipendentisti diventa così ancora più sottile se consideriamo che lo SNP ha ottenuto nel 2011 il 45% dei voti scozzesi, da cui appunto andrebbero tolti il 13%, secondo Mitchell.
Eppure, il pessimismo di Mitchell per una Scozia indipendente, è stato messo in dubbio da un recente sondaggio (settembre 2011) condotto da TNS-BMR, dove per la prima volta la fazione a favore dell’indipendenza risulta avere la meglio, in termini di consensi assoluti (legati quindi all’intero corpo elettorale scozzese, non soltanto agli indipendentisti dello SNP).Il 39% degli intervistati si è dichiarato disponibile a votare per l’indipendenza, mentre solo il 38% è deciso a restare ancorato all’unionismo britannico. Tutti gli altri sono indecisi o si sono appellati al diritto di non rispondere.
Si potrebbe discutere sull’abbordabilità o meno dell’agognato 50%+1 di Salmond, tuttavia, sembra chiaro che sempre più scozzesi stiano pendendo dalla parte dell’autodeterminazione. Inoltre, lo stesso survey, ha mostrato una netta soddisfazione per l’operato dell’attuale First Minister of Scotland, Alex Salmond.

Un secondo, importante, problema che angustia Salmond ed i suoi è l’assenza di coesione  politica all’interno delle sue fila. Similmente a quanto accadeva e continua ad accadere nell’Irlanda nazionalista, anche in Scozia si discute animatamente della futura forma di governo di un paese che ancora non ha ottenuto l’indipendenza.
Il profilo dell’independista medio è sicuramente repubblicano e socialista: il gruppo più numeroso, infatti, vorrebbe vedere nel periodo post unitario una repubblica dal forte sapore egualitario (una posizione, questa, condivisa dagli omologhi irlandesi dello Sinn Fein).
Lo SNP si è oculatamente astenuto dal dare giudizi definitivi sulla questione, lasciando la linea ufficiale del partito in balia del famoso ‘Independence First‘, una sorta di ‘movimento ombrello’ entro il quale raccogliere tutti gli indipendentisti. Le posizioni interne a questo variegato gruppo sono molte e differenti, sempre pronte ad esplodere con virulenza: si va dal classico repubblicano socialista, al liberale, all’indipendentista ‘morbido’ (che vorrebbe una Scozia indipendente nell’ambito del Commonwealth), al monarchico che propone una sorta di paese indipendente che condivida il trono con la vicina Inghilterra (qualcosa di simile era accaduto tre secoli fa: 2 paesi indipendenti sotto la stessa corona).
La soluzione, momentanea e opportunistica, non sembra, per ora, creare particolari problemi alla fazione dei nazionalisti, ma potrebbe rappresentare un serissimo problema già prima di un eventuale fatidico voto.

E proprio il referendum rappresenta il terzo e più pericoloso ostacolo al progetto di Salmond e degli indipendentisti. Immaginiamo che il parlamento riesca a far passare l’istituzione del referendum costituzionale, e ammettiamo che la maggioranza degli scozzesi si sia espresso in favore dell’indipendenza. Il 50%+1 potrebbe, infatti, non essere sufficiente per vedere Edinburgo capitale di una nazione autodeterminatasi in modo democratico. Il referendum, secondo la consuetudine costituzionale britannica, ha il solo ‘potere’ consultivo e non è vincolante per il parlamento di Londra, cui spetta l’ultima decisione. Insomma, apparentemente, gli scozzesi non possono decidere autonomamente del proprio destino, ma devono affidarlo agli unionisti che siedono alla House of Commons. Mettendo in dubbio il principio dell’autodeterminazione dei popoli, Londra potrebbe decidere, con un rischiosissimo colpo di mano, di non ratificare l’avvenuto distacco e incatenare la Scozia alla sedia della regina ancora per molti anni. Ma certamente le conseguenze sulla società civile e sull’opinione pubblica internazionale non sarebbero trascurabili.

Alcuni siti utili:

Westminster has no answer to the Alex Salmond effect. Articolo dall’Indipendent, ottobre 2011 .

Sito ufficiale dell’Independence First Movement

Sito ufficiale dello SNP

6 pensieri su “La Scozia, Alex Salmond e gli ostacoli all’indipendenza.

    • The decision on ipneneddence will be taken by the people who live in Scotland. It does not matter where they come from if they are on the local government register in Scotland they will have a vote and people who are not on that register will not have a vote.You can’t vote in more than one place there is an anomaly with students but that is an anomaly, the general rule is that you can’t vote in more than one place. You certainly can’t vote in a place just because you used to live in it and have a connection to it.I lived in London for many years, I still have strong connections there and visit frequently but I don’t expect to be able to vote in the mayoral elections on the strength of that. Because, much as I still care about my friends and family in London, I actually live here in Scotland. This is where I work, where I pay tax and where I vote.All of this is surely obvious. It really doesn’t matter if someone is a celebrity or rich. We need to have a level playing field here. The rules which have been suggested by Yes Scotland would prohibit Sean Connery from donating more than 500 pounds to the Yes campaign as much as they would prohibit Alex Ferguson from donating more than 500 pounds to the No campaign. So it does not particularly advantage the Yes campaign over the No campaign. I just can’t see any real debate around this.

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