Campo di concentramento di Sachsenhausen e gli stivali delle SS


Ho scelto un titolo strano e apparentemente assurdo proprio per raccontarvi una storia assurda, ma purtroppo vera.

Pochi mesi fa ho visitato Berlino e, spinto dalla voglia di allontanarmi dal circuito Porta di Brandeburgo-Isola dei musei-Reichstag, ho deciso di visitare il KZ Sachsenhausen. Mai scelta fu più saggia.

In effetti, venivo da un periodo di forte interesse per l’Olocausto e le persecuzioni in epoca nazista in genere. La visita a Rosenstrasse mi aveva lasciato un po’ di amaro in bocca: la protesta lungo la strada-monumento così centrale per la storia del dissenso anti-nazista è ricordata solo con due cartelli (anche un po’ datati) e una commemorazione monumentale di dubbio gusto.

Quindi mi sono diretto verso il campo di concentramento di Sachsenhausen per vedere con i miei occhi quello che avevo letto (a proposito di letture sulla persecuzione nazista consiglio davvero di cuore la lettura del libro di Sami Modiano “per questo ho vissuto”).

Pigiama a righe Potrei raccontarvi di come si arriva al campo di Sachsenhausen da Berlino. Potrei raccontarvi qualche tappa della storia del campo dall’epoca nazista a quella sovietica (ebbene si, il campo è stato riutilizzato dai sovietici negli anni 50′). Potrei perfino raccontarvi di cosa si può vedere gironzolando per il campo e delle sensazioni che si prova ripercorrendo le atrocità naziste ai danni di ebrei si, ma anche prigionieri politici, rom e omossessuali (non dimentichiamolo mai, non solo gli ebrei soffrirono e morirono nei campi nazisti!).

Non lo farò in effetti.

Vorrei, invece, raccontare un capitolo assai triste della storia del campo e alquanto sconosciuto ai più (aggiungerei anche snobbato dalla storiografia ufficiale).

Sachsenhausen era molto di più di un semplice campo di lavoro nazisti per prigionieri di varia natura. Divenne tristemente funzionante già a partire dal 1936, soltanto tre anni dopo la presa di potere di Hitler e dei suoi. Avrebbe dovuto ispirare, architettonicamente e logisticamente, tutti gli altri campi sorti poi in Germania e negli stati occupati durante gli anni a venire.

KL SachsenhausenSubito dopo aver varcato l’entrata, rigorosamente munita della beffarda scritta Arbeit Macht Frei, si incontra una strana pista semicircolare fatta di ciottolame, sabbia, cemento e asfalto che ricorda uno di quei sentieri utilizzati oggi dagli appassionati di motocross.
Quella pista rappresenta ciò che resta di una delle peggiori atrocità mai commesse da esseri umani nei confronti di suoi simili. Laggiù, dal 1940 fin quasi alla liberazione del campo, una squadra speciale (lo Strafkommando) composta soprattutto da prigionieri scelti per demeriti particolari (tentativi di fuga, atteggiamenti ribelli etc) doveva camminare ininterrottamente per ore e ore. Lo scopo di questa barbarie? Testare i vari modelli di suole per stivali militari e per calzature civili delle industrie locali.
I diversi tipi di superficie cui ho accennato dovevano simulare le diverse tipologie che il soldato avrebbe potuto incontrare durante le operazioni militari. Le autorità del campo si impegnavano così a fornire alla Wehrmacht stivali a prova di usura.

Le parole ovviamente non possono riprodurre il dolore fisico e mentale a cui erano sottoposti questi prigionieri, obbligati a camminare/poicorrere/poistrisciare/poidinuovocorrere fino alle 10 ore il giorno. Ogni individuo copriva quotidianamente tra i 25 ed i 40 km sotto le più proibitiva condizioni atmosferiche.
Una tortura che sarebbe terminata solo con la tragica morte della cavia.

La pista per testare le suole.
La pista per testare le suole a Sachsenhausen.

Con il tempo, le cose peggiorarono ulteriormente per i prigionieri della squadra di testaggio calzature. Le SS del campo introdussero una sostanziale novità, perché evidentemente il correre per 40 km al giorno non era abbastanza: al singolo prigioniero fu assegnata una borsa di sabbia pesante circa 35-40 kg atta a simulare il peso delle attrezzature militari.
L’efficienza nazista ed il sacrificio degli internati riuscirono così a far toccare nuove vette di resistenza al suolo per gli stivali tedeschi. Massacrando di fatica, perdendo la dignità umana e sporcando per sempre di sangue innocente quella dannata pista. Ma l’efficienza prima di tutto.

** Come arrivare al campo di concentramento di Sachsenhausen da Berlino e altre info utili per la visita**

Da Berlino a Oranienburg, dove si trova il campo, non è un viaggio particolarmente lungo o dispendioso. Prendete un biglietto ABC dei trasporti pubblici e recatevi alla Hauptbahnhof Berlin. Dovreste trovare il treno per Oranienburg che vi porterà a destinazione in circa 25 minuti.
Oppure prendete la S1 verso Oranienburg (passa, tra le altre fermate, a Postdamer Platz e Friedrichstrasse). Il tragitto, in questo caso, dura un’oretta, ma è più economico.
Dalla stazione di Oranienburg si arriva facilmente al campo in una ventina di minuti a piedi. Basta andare a destra (stazione alle spalle) e seguire le indicazioni per il campo (Gedenkstaette Sachsenhausen). I più pazienti potranno aspettare il bus 804 per Malz.

Per la visita in se stessa consiglio l’ottima audioguida in italiano a 3 euro. L’ingresso è gratuito. Non esistono ristoranti o bar all’interno del campo.

Sachsenhausen su tripadvisor clicca qui.
P
er il sito ufficiale invece qui.

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